"Scioperi e deportazione politica" a cura di Camilla Brunelli, direttrice del Museo e Centro di Documentazione della Deportazione e Resistenza (Figline di Prato). Quinto episodio del video progetto "Pillole di Resistenza", curato dalla Rete toscana degli Istituti della Resistenza e dell'età contemporanea e promosso dalla Regione Toscana. #RaccontiamolaResistenza #25aprile2020 Una delle pagine al contempo più gloriose e terribili della Resistenza civile, lo sciopero generale indetto ai primi di marzo del 1944 dal Comitato di Liberazione dell’Alta Italia in Toscana interessò principalmente le aree più industrializzate tra Firenze, Prato ed Empoli, ma si diffuse comunque anche in altre zone manifatturiere della regione. Oltre che a Prato, nella sua diffusa industria tessile, a Firenze si mobilitarono, tra gli altri, gli operai e le operaie delle Officine Galileo, della Pignone, della Cipriani e Baccani, della Richard-Ginori, della Manetti & Roberts, oltre alle sigaraie della Manifattura Tabacchi. Nell’empolese entrarono in sciopero gli operai delle vetrerie; ad Abbadia San Salvatore, sul Monte Amiata, i minatori; ma si scioperò anche a Cavriglia, nel Pistoiese, nel Pisano, a Livorno e Piombino, a Santa Croce sull’Arno e nel Mugello. Si trattò di proteste che generavano per lo più da un radicato e diffuso sentimento di rifiuto e di resistenza civile alla guerra, motivato dall’insofferenza per le privazioni causate dal conflitto e dal malcontento per la continua e sistematica azione di depredazione delle risorse produttive e umane condotta dall’occupante nazifascista. Di fatto si trattò della prima opposizione esplicita di massa al fascismo, ragion per cui la reazione delle autorità fasciste e naziste fu repentina e muscolare, traducendosi in una dura repressione che portò a rastrellamenti generalizzati e indiscriminati della forza lavoro, per la verità non solo di quella scioperante. Arrestati e poi concentrati in luoghi di smistamento quali la Fortezza di Prato o le ex-Scuole Leopoldine in Piazza S. Maria Novella a Firenze, centinaia di scioperanti furono da lì deportati verso il lager di Mauthausen e quindi trasferiti in vari sottocampi: Gusen, Melk e soprattutto Ebensee. La gran parte di loro, come l’antifascista pratese Diego Biagini, non fece mai ritorno.
"La Linea Gotica in Toscana" a cura di Andrea Ventura, direttore dell'ISREC di Lucca, e Luca Baldissarra, docente di Storia contemporanea all'Univeristà di Pisa. Decimo episodio del video progetto "Pillole di Resistenza", curato dalla Rete toscana degli Istituti della Resistenza e dell'età conteporanea e promosso dalla Regione Toscana. #RaccontiamolaResistenza #25aprile2020 Con attenzione particolare al settore apuano - oggetto di un tardivo sfondamento alleato e quindi di un’occupazione tedesca che nei territori di Massa, Carrara e Pontremoli si prolunga sino all’aprile inoltrato del 1945 – Ventura ripercorre i presupposti strategici e militari che con l’avvio della campagna alleata in Italia avevano spinto le autorità tedesche a realizzare una grande linea di fortificazioni tra Massa (sul Tirreno) e Pesaro (sull’Adriatico) che si inerpicava per centinaia di chilometri tra le Alpi Apuane e l’Appennino. La Gotica – spiega Ventura - è nello stesso tempo una linea del fronte e di confine che separa due eserciti (Alleati e nazifascisti), due governi (la RSI e il Regno del Sud), due sistemi di occupazione (tedesco e alleato), due opposte esperienze politiche e di guerra. Ma al contempo la Gotica rappresenta anche uno spazio in sé, dove migliaia di lavoratori faticano nella costruzione delle difese, dove decine di migliaia di soldati provenienti da cinque continenti diversi si insediano e si preparano al combattimento, dove i fascisti collaborano con i tedeschi e compiono anche autonomamente stragi e rastrellamenti, dove i partigiani operano intensamente, dove le popolazioni vivono una quotidianità totalmente stravolta dalla guerra. La Gotica, in sintesi, è uno spazio che racchiude in sé la storia della Seconda guerra mondiale: non solo linea militare, ma anche demarcazione politica, ideologica e mentale, aspetti questi che Ventura ricostruisce puntualmente anche con l’ausilio della preziosa documentazione fotografica e documentale messa a disposizione, tra altri, dall’ISRA di Pontremoli.
Nell'occasione delle celebrazioni del 25 aprile, il consiglio di fabbrica della Cartiera Burgo ha invitato Luigi Benevelli, presidente ANPI, Associazione Nazionale Partigiani d'Italia sezione di Mantova a parlare della lotta operaia e degli scioperi del 1944. Ecco allora il primo sciopero, quello del marzo del '44, nelle fabbriche di Sesto San Giovanni, la Pirelli, la Breda, la Martelli, nonostante le durissime repressioni, 15 partigiani fucilati e le deportazioni, la lotta non si fermò e il 21 settembre un altro sciopero, il 23 novembre un altro ancora. Furono i momenti in cui il fascismo si rese conto di aver perso consensi. Resistenza e lotta operaia di allora e testimonianza della solidarietà per lotta in difesa del lavoro che proprio i lavoratori della cartiera stanno mettendo in pratica da oltre un anno. Sentendo i racconti non sembra vero che a 70 anni di distanza, ancora adesso esistono delle lotte per il lavoro, il progresso e la democrazia.
In occasione dei 130 anni dalla fondazione della Camera del Lavoro di Cremona, la quarta in Italia, CGIL Cremona ha realizzato un filmato che ripercorre gli ultimi anni di storia dell'organizzazione attraverso i racconti e le memorie di chi l'ha guidata negli ultimi 30 anni. CGIL CREMONA 130 ANNI DI LAVORO E LA STORIA CONTINUA - I segretari Testi: Maria Teresa Perin e Paolo Losco Coordinamento progetto: Maria Teresa Perin e Paolo Losco Riprese e montaggio: Michele Mariani Credits e immagini: Archivio storico CGIL Cremona Centro ricerca A.Galmozzi di Crema Welfare Network di Gian Carlo Storti Si ringraziano per le testimonianze: Felice Lopopolo, Giorgio Toscani, Massimiliano Dolci, Mimmo Palmieri, Marco Pedretti, Elena Curci
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