In occasione della Giornata della memoria, presentiamo il portale della deportazione pavese, in collaborazione con l’Istituto pavese per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea e con l’ANED provinciale. Pierangelo Lombardi, Maria Antonietta Arrigoni, Marco Savini insieme ad Antonella Campagna ne illustreranno i contenuti. Si tratta delle storie di ben 260 deportati, nati, residenti o arrestati in provincia, di cui 72 rimasti in Italia, a Bolzano, e 190 deportati oltre Brennero. I morti sono stati 139 in totale (più 7 morti dopo la liberazione e 4 ancora nel 1947 per le conseguenze del lager). La Giornata della memoria ha senz’altro il merito di avere esteso la sensibilità generale sulla Shoah. Schiacciata talvolta, però, su una sorta di “marketing memoriale” dal consumo veloce e rassicurante, l’occasione dovrebbe, invece, servire per rielaborare questa memoria, assumendola nei propri codici etici e culturali, affinché la consapevolezza del passato ci aiuti ad agire nel nostro presente. A una prima mappa ragionata della deportazione pavese sul finire degli anni’ 70 del secolo scorso, un progetto allora davvero pionieristico e frutto del lavoro di un gruppo di giovani ricercatori, si è aggiunto, in anni successivi e alla luce di nuove fonti e di nuove metodologie, un vero e proprio Dizionario biografico della deportazione pavese, affidato alla competenza sul tema di Maria Antonietta Arrigoni e Marco Savini. Ora quelle schede, già straordinariamente efficaci per impianto e correttezza metodologica, ma arricchite con nuove ricerche e nuovi dati ad opera degli stessi ricercatori, sono servite per realizzare il portale on-line dei deportati pavesi. È nostra convinzione che la scommessa intorno al Giorno della memoria dovrebbe riguardare proprio la costruzione di una coscienza storica attrezzata. Perché solo la storia può evitare i rischi della retorica negazionista, del revisionismo interessato, ma anche il rischio della “sacralizzazione” di una memoria che scarta tutto ciò che può porre problemi, in un’immagine epica e astorica che deresponsabilizza per il passato e per il presente. Dare voce ai deportati, recuperandone le singole storie, ci aiuta a riflettere dall’interno sulla macchina dello sterminio, insegnandoci una verità che diventa coscienza civile. Smontata nei suoi meccanismi interni, la macchina dello sterminio continua ad interrogare la coscienza dell’uomo contemporaneo, laddove la differenza tra totalitarismo e democrazia non si misura solo nell’esistenza di spazi aperti al dissenso e nella pluralità dei centri di potere. Ma anche, e soprattutto, si misura su una consapevolezza Perché, dopo che se ne sarà andato anche l’ultimo testimone, quando rimarremo soli a raccontare l’orrore della Shoah, non basterà dire “Mai più!” né rifugiarsi tra le convenzioni della retorica. Serviranno gli strumenti della storia. La serietà e la forza di un’argomentazione storica, soprattutto quando sembra spezzarsi il rapporto tra le giovani generazioni e l’immediato passato, sta proprio in quest’etica della ricerca e della verità dei fatti. Sapendo unire tensione etico-civile e rigore della ricerca scientifica. Quel che si è impegnato a fare negli anni l’Istituto pavese per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea, in collaborazione con l’ANED provinciale.