Nella primavera del ’43 e ’44, gli scioperi investono le grandi fabbriche di Torino, Genova, Milano-Sesto San Giovanni, ma anche molte altre località più piccole come Bergamo e Como. Sono migliaia e migliaia gli operai, e con essi molti tecnici, che si oppongono alla dittatura partecipando agli scioperi e ad altre forme di sabotaggio e che per questo motivo sono deportati nei lager tedeschi. Non sono tutti scioperi politici: la massa dei lavoratori protesta per le insostenibili condizioni di lavoro e per le ancor più dure condizioni di vita (si soffrono fame e freddo, i generi di prima necessità sono fuori dalla portata dei bassi salari); ci si ribella contro le continue ingiustizie e umiliazioni di chi è senza diritti, si trova la forza di farlo perché si è in tanti e i più consapevoli e determinati trascinano con il loro esempio anche i più timorosi. Hitler ordina la deportazione del 20 per cento di tutti gli scioperanti, i deportati sono destinati al lavoro fino allo sfinimento e alla morte nei lager, dove sono considerati schiavi senza dignità umana, nemici da eliminare, ma utili all’economia dello stato nazista.
Legge Patrizia Guidetti (Gatto Matto)