''Liana Millu e gli Operai della San Giorgio” con Giordano Bruschi “Giotto”

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Liana Millu nel 1937, era una maestrina di Livorno. Oltre che insegnare ai bambini delle Elementari, collaborava con il quotidiano Il Telegrafo, diretto da Giovanni Ansaldo. L'anno dopo, grazie alle leggi razziali, perde l'impiego nella scuola e la collaborazione al giornale. Vive di lavoretti precari e mal pagati, sicché, nel giugno del 1940 decide di trasferirsi a Genova. È qui che, dopo l'8 settembre 1943, Liana diventa un membro attivo della Resistenza. Entrata nell'Organizzazione "Otto", l'insegnante ha il delicato compito di comunicare informazioni e codici operativi. Il suo impegno è bloccato nel marzo del 1944, quando, recatasi a Venezia in missione da parte dell'organizzazione, viene arrestata per la delazione di un infiltrato; dopo essere passata per il campo di transito di Fossoli, fu deportata ad Auschwitz, poi trasferita a Ravensbrück e, di qui, al campo di Malkow, presso Stettino, per lavorare in una fabbrica di armamenti. Liberata nel maggio del 1945, dopo un anno di prigionia, e rientrò in Italia e riprese a insegnare nelle scuole elementari. Fin dal suo ritorno dalla prigionia si dedicò a testimoniare l'esperienza della deportazione.
Giugno 1944 - Gli Operai della San Giorgio
Ogni città grande o piccola d’Italia ha vissuto le sue sofferenze durante gli anni del regime fascista, della guerra e dell’occupazione nazista. Ogni città e paese ha avuto i suoi martiri: i civili massacrati per rappresaglia, i Resistenti Partigiani e, qualche città, ha avuto anche, tra le vittime, i cittadini lavoratori delle fabbriche, i protagonisti della Resistenza operaia le cui armi furono il sabotaggio ma soprattutto lo sciopero, atto di protesta contro i bassi salari, lo sfruttamento, le razioni da fame e ben presto atto politico contro le dittature e la guerra, per conquistare la pace e la libertà. Genova è una di queste città.
Il 16 giugno 1944 gli stabilimenti della periferia di ponente (S.Giorgio, Piaggio, Cantieri Navali, Siac) furono accerchiati dai nazisti occupanti e dai fascisti di Salò e 1288 lavoratori furono deportati in Austria, Germania e nei paesi europei occupati dai nazisti. Solo qualche giorno prima, il 10 giugno, erano stati deportati 34 operai dell’Ansaldo. Dopo un viaggio estenuante, i treni, in cui era stata pigiata la merce umana, raggiunsero il campo di Mauthausen. Oltre la paura sulla propria sorte, non mancò nulla per rendere tragica l’atmosfera: la pioggia fredda per i genovesi in canottiera, le urla ossessive ”Schnell, Schnell” e i colpi con il calcio dei fucili delle SS quando i sandali estivi, incastrati nel fango della strada, rallentavano il ritmo della corsa, non mancarono neppure gli sputi della folla sui “traditori” dell’asse.
Correvano per raggiungere Mauthausen, i 16enni della scuola apprendisti, i 18enni appena promossi operai e gli operai finiti, mano d’opera preziosa, ed i dirigenti cui toccherà provare il lavoro manuale.
(testo tratto da http://www.16giugno1944.it )