7 INTERVISTA Paolo MIGNOSI

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7. PAOLO MIGNOSI Nato a Palermo il 19 marzo 1924 – deceduto a Brugherio il 7 febbraio 2013. Partigiano della 113a Brigata Garibaldi SAP Croce al Merito di Guerra. PROFILO Siciliano di origine, dal 1968 visse a Brugherio fino al decesso. Negli anni della guerra di Resistenza aveva militato nella 113a Brigata Garibaldi, con la quale condusse a termine varie azioni a partire dall’estate 1944, soprattutto nella zona sud ovest di Milano e a Corsico. Il 24 Aprile del 1945, prese parte a un’azione nel quartiere milanese di Niguarda (quartiere che venne liberato la sera prima del 25 Aprile) dove i partigiani riuscirono a disarmare un posto di blocco fascista e si impossessarono di tre mitra, due fucili, una pistola Beretta e una coperta militare. Il pomeriggio dello stesso giorno tenne alcuni comizi in fabbriche della Barona, per convincere gli operai all’insurrezione popolare in programma il giorno dopo, con la definitiva cacciata dei nazifascisti. Il 25 Aprile, a Ronchetto sul Naviglio, prese parte a uno scontro a fuoco contro una pesante autocolonna tedesca in ritirata. Nell’azione, persero la vita tre partigiani e Paolo Mignosi rimase ferito. L’INTERVISTA Mignosi partecipò alla resistenza a Milano e dintorni. La sua scelta di aderire alla resistenza avvenne in ambito operaio. Vide antifascisti bastonati nel ventennio. Scelse la resistenza per amor patrio avvinto dalle lotte risorgimentali. I nemico di sempre (la Germania) era diventato padrone in casa nostra. Subito dopo l’8 settembre, capì bene che la guerra non era finita, continuava. In fabbrica, alla Caproni dove lavorava, c’erano armi e munizioni. Mignosi e altri resistenti le presero e le portarono a Cernobbio in attesa degli ordini del comando di Milano di resistenza ai tedeschi. L’ordine non arrivò, nascosero le armi e rientrarono a Milano alla spicciolata. Qualcuno di loro fu catturato e fucilato al campo Giuriati, incluso Giovanni Cervi, dirigente della Caproni. Mignosi non rientrò subito in fabbrica e se la cavò. Pochi giorni dopo, rientrato in fabbrica, cercò alcuni compagni coi quali si recò a Erba per aderire alle prime formazioni partigiani di Giustizia e Libertà. Con loro, iniziarono le prime azioni di disturbo. Poi, per un periodo, dovette assentarsi per problemi di salute. Rientrato, prese contatti con la 113a Brigata Garibaldi. Poi la sua attività partigiana continuò senza interruzioni fino alla liberazione. In uno scontro a fuoco contro una colonna tedesca che fu poi fermata a Ronchetto sul Naviglio, morirono tre partigiani della 113a SAP e Mignosi fu ferito. Scavalcò un reticolato e si trovò ospite di una famiglia della zona Barona. Bloccato a letto, non gli fu possibile condividere la gioia della popolazione nelle giornate della liberazione. Attese i giornali dell’Italia libera come l’ossigeno. Da dopo l’8 settembre non andò più in Fabbrica fino alla liberazione. Poi, rientrò dopo il 25 aprile. Quando andò a Erba, prese il contatto con Otto, che morì a Mauthausen. Il giorno dopo il suo ricovero nella famiglia della Barona, suo padre venne a trovarlo. Fu curato nei giorni successivi da un medico della 113a. La Caproni, dopo la liberazione, fu gestita dai lavoratori e cambiò produzione riparando mezzi pesanti come camion lasciati dagli alleati, vagoni ferroviari, ecc. finché fallì. Il tentativo fu quello di trasformare l’industria bellica in industria di pace. Tornarono al lavoro anche ex deportati rientrati dalla Germania. Nel 1940, Mignosi aveva 16 anni è già lavorava alla Caproni. Con gli scioperi del marzo ’43, gli operai volevano soprattutto che la guerra finisse. Da quegli scioperi si arrivò al 25 luglio, la scossone al regime. Il 25 luglio non c’era un fascista per strada. L’Italia, dopo il 43 fu divisa in due: l’Italia sotto la Repubblica di Salò e l’Italia del sud. Le 4 giornate di Napoli del 1943 rimangono storiche. Quell’Italia ha visto il fascismo del ventennio e non le crudeltà della Repubblica di Salò. (ANPI Brugherio)