"Donne, fra guerra e Resistenza", a cura di Luciana Rocchi, storica dell'ISGREC di Grosseto. Settimo episodio del video progetto "Pillole di Resistenza" curato dalla Rete Toscana degli Istituti della Resistenza e dell'età contemporanea e promosso dalla Regione Toscana. #RaccontiamolaResistenza #25aprile2020 Attraverso le biografie e il vissuto tormentato di una selezione significativa di donne toscane ci si pone la domanda di quanto attraverso la guerra rimanga delle condizioni di partenza, culturali, morali, sociali vissute dalle donne toscane e di quanto invece muti drasticamente rispetto alla Toscana del dopoguerra. La risposta non è univoca e deve confrontarsi con le molte e spesso contrastanti esperienze sperimentate dalle donne negli anni del conflitto. Certo, le difficoltà e le privazioni del tempo di guerra, comuni a tutte loro, le gettano in uno stato di emergenza costante e di estrema durezza di vita, spesso sradicandole dai propri luoghi vitali di riferimento (le case, le famiglie, gli affetti...), mentre lo stereotipo dell'etica del sacrificio per la patria che aveva caratterizzato il linguaggio delle autorità fasciste verso le donne perde ormai ogni aderenza con il loro vissuto. Da qui, un nuovo protagonismo, conquistato duramente e a prezzi altissimi. Al di là del tradizionale ruolo di maternage e di cura per chi ha bisogno - siano i propri figli minacciati dai bandi di chiamata alle armi di Salò contro cui si rivoltano ad esempio le madri di Massa Marittima, oppure gli ebrei, gli sfollati e i partigiani che Iris Origo accoglie nella sua villa in Val d’Orcia - vi sono donne che si mettono in gioco direttamente entro il movimento di Resistenza per le quali il rifiuto della guerra non è in conflitto con l’accettare la necessità della violenza. Non solo staffette, dunque, ma anche donne in armi, che trovano in ogni caso le ragioni della propria scelta o nel desiderio di rivalsa dalla cultura dell'obbedienza in cui erano cresciute o perché spinte dagli affetti e dagli amori a seguire i propri cari e i propri amati in clandestinità. Il prezzo da loro pagato è altissimo, come emblematicamente rappresenta la vicenda della medaglia d’oro Norma Parenti, trucidata a un passo dalla Liberazione del proprio paese. Il dopoguerra che si apre tra tristezza e orrori vede ancora profonde ferite da sanare, mentre per alcune lascia un senso amaro di disillusione. Ma l’eredità delle donne in armi e senz’armi che hanno vissuto la Resistenza, benché assuma l’andamento di un cammino carsico, riaffiora e la si ritrova nell’etica di responsabilità di molte donne che saranno attive in politica e nelle rivendicazioni sociali del dopoguerra.